L’Atto autobiografico come strategia: Il caso dei pittori italiani del primo ‘900

Abstract

L'atto autobiografico fa parte di una strategia utilizzata dagli artisti moderni come un modo per garantire che la loro versione degli eventi sia preservata e giudicata in futuro. Affinché tale strategia abbia successo, devono instaurare un rapporto di fiducia con i propri lettori, in modo che possano garantire che la loro versione dei fatti sia considerata la più coerente e vera. Con questo articolo ci proponiamo di discutere alcuni aspetti degli scritti autobiografici di quattro pittori italiani: Carlo Carrà (La Mia Vita, 1943), Gino Severini (Tutta la vita di un pittore, 1946), Massimo Campigli (Scrupoli, 1955) e Giorgio De Chirico (Memorie della mia vita, 1960), portando alla luce punti di convergenza e di divergenza tra loro. La scelta dei quattro artisti è stata guidata dalla loro attuazione durante il periodo fascista, dalla rilevanza stabilita con associazioni di rilievo, quali: Futurismo, Pittura metafisica, Pittura murale e gli "Italiani di Parigi" e dalla loro attività di teorici dell'arte.